DIDIT, una nuova rivista per riflettere sull’insegnamento dell’italiano in contesti monolingui… e plurilingui

Una nuova rivista per la didattica dell’italiano è nata in Svizzera! Secondo la sua presentazione ufficiale, “la rivista DIDIT (Didattica dell’italiano – Studi applicati di lingua e letteratura) è una rivista scientifica dedicata alla didattica della lingua e della letteratura dell’italiano L1 e L2/LS.” Pubblicata in modalità Open Access, la rivista è curata dal Dipartimento formazione e apprendimento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e dall’Alta scuola pedagogica dei Grigioni (PHGR). Per capire meglio la complessità dell’insegnamento dell’italiano in Svizzera e lo scopo di questa nuova rivista, il CeDiLE ha parlato con Vincenzo Todisco, membro, insieme a Simone Fornara, Silvia Demartini e Luca Cignetti, della redazione di DIDIT e professore presso l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni (PHGR).

Puoi spiegarmi in quale contesto viene insegnato l’italiano in Svizzera? Chi impara l’italiano in Svizzera?

Innanzitutto bisogna distinguere tra italiano come lingua di scolarizzazione e italiano lingua seconda risp. straniera. Nei territori italofoni, vale a dire in Ticino e nella parte meridionale dei Grigioni, l’italiano è la lingua ufficiale e quindi anche la lingua di scolarizzazione. In queste regioni si può studiare in italiano dalla prima infanzia al liceo. Invece l’italiano come lingua straniera viene insegnato esclusivamente nella parte tedesca dei Grigioni a livello di scuole elementari. Nel resto della Svizzera è insegnato come materia opzionale alle scuole secondarie di primo grado. E poi ci sono molti licei che hanno l’italiano come materia specifica, di approfondimento o opzionale. Ovviamente all’università si può poi studiare italianistica e ci sono le Alte scuole pedagogiche per la formazione dei docenti. Anche lì però l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni è l’unica in Svizzera ad offrire un’abilitazione all’insegnamento dell’italiano L2 per la scuola elementare. In Ticino c’è anche l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, cioè per ragazzi alloglotti che devono imparare la lingua del posto. Infine ci sono anche scuole private e associazioni che propongono corsi d’italiano. L’offerta per l’insegnamento dell’italiano è quindi molto ampia e articolata.

[…] e ogni volta che una professoressa o un professore per l’italiano va in pensione, si riapre la discussione per cercare di ridimensionare la cattedra e magari non riattribuire il posto.

Vincenzo Todisco

Non si sa esattamente quanti alunni studino l’italiano, ma la strategia della CDPE (Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione) è di garantire l’offerta dell’italiano in tutti i licei. Ultimamente un lavoro di Master di Sarah Romano alla PH di San Gallo ha però messo in evidenza che alcune istituzioni del Cantone non sapevano di dover proporre l’italiano come materia opzionale… Se si passa a un livello più alto, nelle università svizzere, si osserva che la cattedra d’italiano di Neuchâtel è stata soppressa e ogni volta che una professoressa o un professore per l’italiano va in pensione, si riapre la discussione per cercare di ridimensionare la cattedra e magari non riattribuire il posto. Insomma, direi che l’italiano è una lingua ben protetta “sulla carta” ma ci sono difficoltà quando si tratta di mettere in pratica e far rispettare le ordinanze e le raccomandazioni della Confederazione o della CDPE.

E nel mondo, chi impara l’italiano?

Si dice che l’italiano sia una delle lingue più studiate al mondo perché trasporta una cultura molto ampia e articolata (basta pensare alla storia dell’arte italiana che trova cultori appassionati in tutto il mondo). Molte persone vogliono imparare l’italiano solo perché amano l’Italia e la sua cultura. È importante inoltre sottolineare il ruolo delle scuole d’italiano per bambini italiani che vivono fuori dell’Italia. In Svizzera ci sono i corsi di lingua e cultura che sono finanziati dallo Stato italiano. Si può dire che lo Stato svizzero offre un sostegno logistico mettendo a disposizione le aule scolastiche, però non c’è veramente una collaborazione. Soprattutto non sono sfruttate le sinergie con l’insegnamento dell’italiano nel percorso scolastico regolare. Molti bambini seguono questi corsi, che però non vengono riconosciuti dalle scuole.

Ovviamente ci sono altre riviste di didattica dell’italiano ma mancava un contenitore legato al contesto svizzero.

Vincenzo Todisco

Perché creare una nuova rivista per la didattica dell’italiano? E perché farlo qui in Svizzera?

È nuova perché una rivista impostata in questo modo non esisteva. Ovviamente ci sono altre riviste di didattica dell’italiano ma mancava un contenitore legato al contesto svizzero. In Svizzera l’italiano è presente nelle diverse dimensioni alle quali abbiamo appena accennato: lingua di scolarizzazione, lingua di origine o della migrazione, lingua straniera, lingua seconda nei vari livelli scolastici. Inoltre l’italiano viene osservato nell’ambito del plurilinguismo svizzero, quindi anche come lingua minoritaria. Ci sono diversi contesti d’insegnamento dell’italiano che troviamo quasi solo in Svizzera; forse solo l’Alto Adige presenta una situazione comparabile. Siamo di fronte a una situazione complessa e mancano strumenti per una didattica dell’italiano che sia adatta ai diversi contesti formativi. Per questo ci è sembrato opportuno creare questa rivista e soprattutto farlo qui, in Svizzera.

Perché aprire la rivista all’italiano lingua prima?

Perché se si ragiona secondo la didattica del plurilinguismo, non si ha più l’immagine delle lingue in compartimenti separati. Sarebbe riduttivo pensare solo alla lingua straniera o alla lingua seconda. La didattica della lingua di scolarizzazione può ispirarsi alla didattica delle lingue straniere: sono realtà molto vicine! Nei Grigioni l’italiano è insegnato come lingua di scolarizzazione e come lingua straniera, ma ci sono anche le scuole bilingui, nelle quali la prospettiva integrata della rivista è ancora più pertinente. Inoltre non bisogna dimenticare il ruolo della letteratura italiana, che viene utilizzata in vari contesti d’apprendimento della lingua.

Per noi è importante entrare anche nelle scuole

Vincenzo Todisco

Infine vogliamo aprire la rivista anche all’Italia, perché è importante allargare il campo d’azione. Se avessimo limitato la rivista alla didattica dell’italiano come lingua straniera o seconda, avremmo escluso interventi che vengono da questo Paese e che riguardano l’italiano come lingua prima. Sarebbe un peccato perdere questo ponte con l’Italia e con la letteratura italiana.

Chi sono i destinatari della rivista?

DIDIT è intesa come strumento di ricerca, di riflessione e di aggiornamento per chi si occupa della didattica dell’italiano, siano essi studenti, ricercatori, docenti eccetera. Attraverso tre sezioni (“Studi e ricerche”, “Esperienze didattiche”, “Recensioni”) la rivista si rivolge a un pubblico molto vasto. Per noi è importante entrare anche nelle scuole: vogliamo che ci sia una parte esplicitamente teorica ma che si dia spazio anche alle riflessioni su esperienze nel campo della prassi didattica.

Per lo sviluppo della didattica come disciplina scientifica è importante e necessario un connubio con le università.

Come raggiungete i vostri lettori?

Siamo appena all’inizio, vale a dire l’anno scorso è uscito il primo numero e stiamo preparando il secondo. Ci vorrà un po’ di tempo per far conoscere la rivista. La strategia è quella di coinvolgere delle persone che scriveranno e che a loro volta ci aiuteranno a diffondere la rivista. Ovviamente stiamo promuovendo la rivista attraverso i nostri canali, in modo particolare tramite le rispettive pagine web. Grazie alla sezione “Esperienze didattiche” speriamo inoltre che piano piano la rivista cominci a farsi conoscere anche tra le e gli insegnanti, entri in un certo senso nelle aule e diventi uno strumento di scambio e riflessione. Un altro aspetto consiste nell’utilizzo della rivista nei nostri corsi. Ci sono e ci saranno articoli rilevanti che potranno essere sfruttati per i vari corsi di didattica dell’italiano. E infine, grazie alla rete che stiamo costruendo e grazie anche al Consiglio scientifico, composto da Professoresse e Professori d’Università in Svizzera e in Italia, speriamo che col tempo la rivista diventi un punto di riferimento anche nella comunità scientifica. Infatti non perdiamo occasione di menzionarla ai convegni che si tengono sulla didattica dell’italiano.

Inoltre va menzionato che si tratta di una rivista scientifica – e che si vuole definire tale – curata da due Alte scuole pedagogiche, non da università. Per lo sviluppo della didattica come disciplina scientifica è importante e necessario un connubio con le università. Del vasto comitato scientifico di DIDIT fanno parte molte e molti docenti universitari; ritengo che questo sia un bel segnale da parte delle università.

Quali sono i punti che pensate di toccare più spesso con la nuova rivista? Didattica? Letteratura? Linguistica italiana? Politiche linguistiche? …o un po’ di tutto?

Questa rivista ha la sua ragione d’essere in una prospettiva specificamente didattica. Quindi sì, saranno trattate anche tematiche letterarie, però sempre da un punto di visto della didattica. Non è una rivista di letteratura, ma intende riflettere su come insegnare la letteratura italiana a scuola. Lo stesso ragionamento vale per la linguistica applicata: si lavora sempre con un focus sulla didattica.


*Link verso la pagina di DIDIT*

Photo by Marcus Ganahl on Unsplash

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