La sociolinguistica critica nell’insegnamento delle lingue [intervista]

Francesco Screti, docente di italiano al Centro linguistico dell’EPFL a Losanna e ricercatore post-dottorato presso l’Istituto di Plurilinguismo, esplora nel suo lavoro le molteplici interazioni tra lingua, politica e società. In questa intervista ci presenta i concetti chiave della sociolinguistica critica applicati all’insegnamento delle lingue e racconta come li mette in pratica concretamente nelle sue lezioni di lingua italiana.

CediLE: Francesco Screti, ti sei interessato all’applicazione dei concetti della sociolinguistica critica nell’insegnamento delle lingue. Cos’è la sociolinguistica critica?

Francesco Screti : La sociolinguistica critica studia le pratiche e le rappresentazioni linguistiche nel loro contesto sociale. Considera le lingue come espressione di relazioni di potere e come strumenti che consentono di implementare, mantenere o trasformare queste relazioni. Da una prospettiva critica, la realtà sociale è caratterizzata da disuguaglianze strutturali e l’attività verbale degli individui (tempo di parola, modo di parlare, parole usate, strutture, accenti, ecc.) riflette la loro appartenenza sociale, la loro identità, le relazioni di potere esistenti. 

L’obiettivo della sociolinguistica critica è quello di evidenziare queste disuguaglianze e identificare opportunità per cambiare le relazioni di potere, al fine di rendere la società più giusta ed equa.

CediLE: Quali sono i concetti chiave più rilevanti per l’insegnamento delle lingue?

Francesco Screti : Uno dei concetti chiave è quello di capitale linguistico reso popolare dal sociologo Pierre Bourdieu. Le lingue operano in un mercato linguistico, dove ottengono un valore di mercato a seconda della loro capacità di trasformarsi in capitale simbolico o materiale. Pertanto, alcuni parlanti hanno più capitale (cioè ricchezza, diplomi, prestigio, rete) di altri.

Un altro concetto chiave è quello del valore associato alla norma linguistica. È il risultato di un processo storico e politico volto a regolare la variazione linguistica per ragioni burocratiche e funzionali. Questa norma ha un ruolo centrale nella costruzione nazionale, definendo categorie di cittadini “buoni” o “cattivi” e costituisce anche uno strumento di discriminazione, ad esempio per determinare candidati “adeguati” o “inadeguati” per un lavoro.

Un concetto fondamentale è quello di ideologia linguistica, cioè un sistema di credenze, più o meno coerenti, su come sono le lingue o come dovrebbero essere usate. In un’ideologia linguistica purista, lo standard è visto come l’unico modo corretto di esprimersi, i parlanti “ideali” parlano solo questa lingua e se parlano altre lingue, ne parlano solo lo standard. Ma in realtà questo standard è piuttosto un ideale linguistico praticamente irraggiungibile. Una prospettiva critica mostra che esistono altre varietà, legittime dal punto di vista linguistico, ma che non lo sono dal punto di vista sociale. Lo standard è spesso la lingua di una piccola élite, generalmente degli ambienti borghesi e della burocrazia centrale dello Stato, e viene imposta dalla scuola come la lingua “legittima”. In un’ideologia linguistica inclusiva, le diverse varietà linguistiche dovrebbero essere accettate, insegnate, valorizzate o almeno riconosciute, piuttosto che stigmatizzate.

CediLE: In che modo la tua ricerca in sociolinguistica critica ha influenzato la tua pratica di insegnamento?

Francesco Screti : Ho condotto un’autoetnografia, ovvero un’analisi riflessiva del mio percorso didattico, iniziato nel 2006, in particolare delle mie pratiche didattiche prima e dopo la formazione in sociolinguistica critica. Il mio approccio didattico si è evoluto notevolmente: sono passato da una visione acritica delle nozioni di standard, correzione, norma e del concetto stesso di lingua come oggetto di insegnamento, a un approccio molto più critico.

La formazione in sociolinguistica mi ha permesso di adottare una visione del linguaggio molto più aperta, tollerante e inclusiva, nonché di mettere in prospettiva i concetti di errore, norma e standard.

Il mio approccio didattico si è evoluto notevolmente: sono passato da una visione acritica delle nozioni di standard, correzione, norma e del concetto stesso di lingua come oggetto di insegnamento, a un approccio molto più critico.

Francesco Screti

CediLE: Puoi darci qualche esempio concreto di come applichi questa ideologia linguistica inclusiva nel tuo insegnamento dell’italiano a livello universitario? Che posto dai alla variazione linguistica nei tuoi corsi?

Francesco Screti : L’applicazione di questa ideologia linguistica inclusiva nel mio insegnamento è visibile a più livelli. Innanzitutto presento le norme grammaticali come spesso incoerenti, arbitrarie o variabili a seconda dei contesti geografici e sociali. Poi faccio notare che quello che oggi è considerato un “errore” non lo era un secolo fa o non lo è in alcune regioni. Dedico quindi ampio spazio alla variazione, affrontando ad esempio l’esistenza di lingue minoritarie e contestate (chiamate “dialetti”) e la loro influenza sull’italiano. Metto in prospettiva anche il concetto di errore ponendo domande del tipo: un errore per chi? Quando? In quale contesto storico o sociale?

Questa ideologia si riflette anche nel modo in cui correggo e valuto le produzioni scritte e orali. Mi concentro soprattutto sulla comprensibilità: finché la funzione comunicativa viene assolta con successo, senza troppi sforzi da parte dell’interlocutore, l’errore per me rimane marginale e riceve un peso marginale. Questo approccio libera anche gli studenti dalla pressione della correzione e conosciamo bene l’importanza dei filtri affettivi nell’apprendimento di una lingua.

CediLE: Quali consigli concreti puoi dare agli insegnanti su questo argomento?

Francesco Screti : Credo che l’insegnante debba essere innanzitutto consapevole del suo ruolo di agente de facto della politica linguistica. L’insegnante incarna, poi trasmette, legittima e riproduce l’ideologia linguistica. Pertanto, deve innanzitutto essere consapevole di essere portatore di un’ideologia linguistica. In primo luogo è necessario quindi un lavoro autocritico, riflessivo e di (auto)consapevolezza. 

Bisogna domandarsi se si è d’accordo con il nativespeakerism, cioè l’idea che solo gli insegnanti madrelingua sono “buoni” insegnanti, o con il purismo, che postula l’esistenza di una lingua “pura” da proteggere da impurità, errori o influenze esterne. Bisogna interrogarsi sulla norma e sulla correzione degli errori: qual è la loro origine storica? Quali sono le loro conseguenze materiali e politiche? Che posto dare alla norma senza cadere nel “feticismo della lingua” ? Ciò significa evitare di sopravvalutare la correzione ortografica o grammaticale come fine in sé o come “shibboleth” identitario, o addirittura come strumento di discriminazione.

CediLE: Nella tendenza attuale, l’insegnamento del plurilinguismo promuove la valorizzazione delle lingue di origine degli studenti. Nella pratica e nella ricerca, tuttavia, vediamo che è difficile. Quali vie offre la sociolinguistica critica per rispondere agli obiettivi e alle difficoltà dell’insegnamento del plurilinguismo?

Francesco Screti : Per valorizzare le lingue d’origine degli studenti, è fondamentale sfruttarle come vere e proprie risorse educative. Infatti, queste lingue possono servire come punto di partenza per spiegare concetti linguistici, offrire confronti o stabilire ponti tra più lingue. Troppo spesso le lingue vengono insegnate a compartimenti stagni, senza tenere conto delle somiglianze e delle differenze con le altre lingue conosciute dagli studenti. Collegare queste lingue arricchirebbe l’apprendimento, consentirebbe inoltre di promuovere le lingue di origine degli studenti e svilupperebbe una sensibilità generale nei confronti della diversità linguistica.

Tuttavia, è innegabile che l’attuazione di questo approccio può essere complessa, in particolare perché gli insegnanti potrebbero non conoscere tutte le lingue parlate dai loro studenti o perché gli studenti non sempre apprezzano che venga esplicitata la loro lingua d’origine, che a volte neanche padroneggiano. Ma ciò che conta soprattutto è l’atteggiamento adottato: è fondamentale restare aperti alle lingue degli studenti e valorizzarle come risorse disponibili. Ciò consente di “decentrare” la lingua insegnata e farne uno strumento di comunicazione tra i tanti all’interno di uno spazio multilingue, per favorire il confronto linguistico e un approccio aperto alla diversità linguistica.

CediLE: Quale sviluppo auguri per l’insegnamento e la didattica delle lingue?

Francesco Screti : Occorre soprattutto rivedere la nozione di “correttezza”: l’importante non è più dire le cose “correttamente”, ma dirle in modo funzionale, cioè in modo da poter compiere azioni concrete attraverso l’uso della lingua. Questo approccio, sebbene già presente nell’insegnamento delle lingue, spesso rimane trascurato a favore di un focus sulla correttezza formale. Tuttavia, concentrarsi esclusivamente sulla correttezza impedisce di tenere conto delle funzioni comunicative della lingua.

Un esempio concreto illustra questo punto: se ordino una birra in un bar di Aarau dicendo “fur mir einen Bier, bitten [sic]” e il cameriere mi porta una birra, vuol dire che la mia comunicazione è stata efficace. La priorità dovrebbe quindi essere data all’intelligibilità e alla funzione linguistica piuttosto che alla precisione formale.

Questo cambio di paradigma deve avvenire anche a livello sociale: così come è stato necessario ripensare le nozioni di “normalità” in termini di inclusione, uguaglianza e diversità per accogliere le persone precedentemente escluse per ragioni di razza, genere o disabilità. La diversità e l’inclusione linguistica rappresentano un ulteriore aspetto della diversità e dell’inclusione che devono caratterizzare la nostra società.

La diversità e l’inclusione linguistica rappresentano un ulteriore aspetto della diversità e dell’inclusione che devono caratterizzare la nostra società

Francesco Screti

Detto questo, è importante riconoscere che lo Stato e la scuola, come istituzioni, hanno bisogno di standard. Questi standard vengono utilizzati per classificare e valutare gli individui o per scrivere leggi. Ma il linguaggio è intrinsecamente variabile e instabile, e la sua standardizzazione è una costruzione artificiale. Se i nostri antenati avessero parlato „correttamente“, oggi parleremmo ancora latino. La lingua è in continua evoluzione, così come la società. Lo standard linguistico, sebbene utile, dovrebbe essere insegnato in un modo che incoraggi il pensiero critico e non come un obiettivo in sé.

La lingua è in continua evoluzione, così come la società. Lo standard linguistico, sebbene utile, dovrebbe essere insegnato in un modo che incoraggi il pensiero critico e non come un obiettivo in sé.

Francesco Screti

Questo cambio di paradigma consentirebbe di estendere i principi di inclusività agli aspetti linguistici, in modo da non emarginare gli individui semplicemente perché parlano una varietà non standard, hanno un accento minoritario o commettono errori di ortografia. Ciò ridurrebbe l’insicurezza linguistica e renderebbe i corsi più inclusivi. Un simile approccio promuoverebbe anche una maggiore tolleranza verso i diversi modi di parlare e, per estensione, verso le persone stesse.

CediLE: Grazie mille per questa intervista, Francesco Screti.

Riferimenti

Bourdieu P. (1977). L’économie des échanges linguistiques. Langue française, 34. pp. 17-34. https://doi.org/10.3406/lfr.1977.4815

Bourdieu, P., & Boltanski, L. (1975). Le fétichisme de la langue. Actes de la Recherche en Sciences Sociales1(4), 2-32. https://doi.org/10.3406/arss.1975.3417

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Krashen, S. D. (1982). Principles and practice in second language acquisition. Pergamon Press.

Mesthrie, R. (2009). Critical sociolinguistics: Approaches to language and power. In R. Mesthrie & A. Deumert R. Mesthrie, J. Swann, A. Deumert & W. L. Leap (2nd ed., pp.309-343). Edinburgh University Press. https://edinburghuniversitypress.com/book-introducing-sociolinguistics.html

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(Ri)scoprite questo articolo sulla variazione linguistica nell’insegnamento delle lingue straniere:

Foto: Francesco Screti

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